“Il Manifesto” trotzkista esalta un evento che non c'è sull'acqua pubblica
I privati non sono totalmente esclusi dall'acqua siciliana
La legge siciliana approvata dall'Assemblea regionale mantiene le tre forme di gestione dell'acqua: pubblica, mista, privata

Dal nostro corrispondente della Sicilia
Il parlamento siciliano ha approvato il Decreto di Legge 455 "disciplina in materia di risorse idriche”, proposto dal governatore Crocetta, PD. Un intruglio né carne, né pesce, che in molti hanno chiamato “ripubblicizzazione” dell'acqua, ma una cosa è certa: dal momento che il testo contiene la possibilità di gestione privata dell'acqua non si tratta di ritorno alla gestione pubblica, nonostante l'esaltazione che ne fanno i partiti della “sinistra” borghese e i quotidiani di riferimento, in testa il “manifesto” trotzkista.
Non solo, il testo contraddittorio, limitandosi alla questione delle acque potabili, evita ancora una volta l’occasione di dare alla Sicilia una legge organica della gestione delle risorse idriche e per il risanamento del dissesto idrogeologico.
Un colpo di teatro quello del furbissimo narcisista e delegittimato Crocetta nonostante la legge non rispetti la volontà espressa dalle masse popolari siciliane che nei due quesiti referendari del 2011, riguardanti la ripubblicizzazione del serivizio idrico del 2011 si espressero per il “Sì” nelle percentuali del 97,59 e del 97,94.
Il testo approvato infatti, con il voto di tutto il parlamento, compreso M5S, è l'ennesima riscrittura da destra dei contenuti di una legge di iniziativa Popolare e Consiliare presentata in Sicilia nel 2010, e conferma la strategia delle istituzioni borghesi di aggirare il voto referendario. Con un codardo compromesso, Crocetta viene incontro agli indirizzi di politica privatistica sia del governo Renzi che dell'UE, prevedendo la possibilità di gestioni miste o private, imposto dai renziani nel governo.
Non è stata dunque affrontata la madre di tutte le questioni sull'acqua, la natura privatistica della gestione delle risorse idriche in Sicilia. A questo punto la concessione della possibilità di gestione pubblica è solo un contentino pro forma in una legge che rispetta appieno la normativa privatistica europea e nazionale e la volontà del governo nazionale che di fatto impone la privatizzazione dei servizi con la legge di stabilità e lo “Sblocca Italia”.
Si prevedono, come già accennato, tre opzioni: una gestione pubblica, una gestione privata e una gestione mista (pubblico e privato insieme). Ognuno dei nove Ambiti Territoriali Ottimali potrà “scegliere” fra le tre opzioni. E qui già il primo intoppo pratico. Come faranno le aree metropolitane, Palermo, Catania e Messina, e i 6 consorzi di Comuni, relativi alle altre 6 province sciolte, dissestati economicamente a “scegliere” di intestarsi un servizio così oneroso, quando avranno la competizione privato-mafiosa, sostenuta dal governo?
E' chiaro poi, dal momento che praticamente tutti i partiti presenti nelle istituzioni borghesi in Sicilia sono pro-privatizzazione, che la gestione pubblica è una remota opzione. A maggior ragione considerando il fatto che sulla possibilità dei comuni siciliani di riprendersi gli impianti ceduti ai privati, l'intero gruppo parlamentare del PD, forse sotto la pressione del governo nazionale, ha votato “No”.
Poco chiara la norma che si interroga sulla “sussistenza dei presupposti per l’eventuale esercizio del diritto di recesso dalla convenzione con Siciliacque ed in ogni caso avvia le procedure per la revisione della stessa al fine di allinearla ai principi generali dell’ordinamento giuridico statale e comunitario diretti a garantire la possibilità di accesso, secondo criteri di solidarietà, all’acqua in quanto bene pubblico primario”.
Se il parlamento siciliano non si pronuncia definitivamente per la gestione pubblica delle risorse idriche, esprimendo questa volontà politica in maniera chiara e incontrovertibile, è difficile che “sussistano i presupposti per il recesso” e che venga rimesso in discussione il ruolo di Sicilacque, la SPA che ha una concessione sulle risorse idriche in Sicilia fino al 2044. E per mettere in discussione, il PMLI intende, come abbiamo detto già nel 2004, lo scioglimento della SPA Sicilacque e il ritorno alla gestione pubblica del settore in Sicilia.
Siamo ai soliti giochi parolai di Crocetta. Ci sembra di rivedere la replica della commedia istituzionale sulla questione MUOS, quando il governatore PD costrinse le masse popolari siciliane ad una politica di “verifiche” per uscire allo scoperto a giochi fatti. Per tornare alla gestione autenticamente pubblica delle risorse idriche in Sicilia sono imprescindibili i seguenti passaggi politico/tecinici. La volontà politica di farlo, senza compromessi, cosa che comporta una legge che sciolga Sicilacque e ricostituisca l'EAS, come il parlamento siciliano può fare, dato che la Sicilia ha competenza esclusiva in materia di risorse idriche, che metta fine al regime commissariale, che contenga norme organiche e finanziamenti per la difesa e il risanamento del suolo e delle risorse idrogeologiche e ricostituisca gli ATO secondo un nuovo schema tecnico che sia funzionale alle esigenze della popolazione e che preveda e finanzi società di diritto pubblico per gestire il servizio e vieti di stabilire riscatti di qualsiasi entità a carico degli enti pubblici siciliani per la rescissione di contratti con privati.
La legge proposta da Crocetta e approvata dal parlamento siciliano non prevede nulla di tutto ciò. Questo imbroglione se ne deve andare, perché, al di là delle operazioni di facciata, sta applicando alla lettera in Sicilia le leggi antipopolari di natura privatistica, fascista e piduista sulla gestione dei servizi volute dal governo del nuovo duce Renzi.

30 settembre 2015